aprile 2022 | a cura di angela iantosca

CON...TATTO

Un vagito annuncia il nostro arrivo nel mondo. Forse per il freddo, per la troppa luce che i nostri occhi all’inizio rifiutano, tanto da non schiudersi al primo istante. Forse perché per mesi siamo stati avvolti da un liquido e da un utero che ci ha protetti, amati, nutriti e quell’assenza di qualcosa intorno provoca un senso di solitudine o, forse, di prima vera indipendenza. L’uscita da quella culla naturale è il primo distacco, il primo momento in cui sperimentiamo la separazione, l’allontanamento da qualcosa a cui desideriamo tornare e a cui tentiamo di tornare continuamente. 

Se chiudo gli occhi lo sento quel freddo iniziale, anche se pare io abbia riso appena venuta al mondo!

E voi cosa sentite se pensate al grembo materno?

Cosa accade nel vostro stomaco, sulla pelle?

Lo sentite il calore che comincia a sprigionare e i battiti cardiaci che aumentano?

Ho incontrato persone che hanno fatto di tutto chimicamente per provare di nuovo quella sensazione, per sentire la possibilità di abbandonarsi in un abbraccio fidato, non pensando che a quel calore possiamo tornare quando desideriamo attraverso la meditazione, lo yoga, il canto, la musica…

Un essere umano non può sopravvivere senza abbracci, senza sentire il corpo di un’altra persona, di un altro essere vivente, senza percepire un respiro ravvicinato o la pelle o il battito del cuore.

Ce lo ha ricordato la pandemia quando forse ormai ce lo eravamo dimenticati o lo stavamo dando per scontato: ci ha insegnato quanto dolore porta il distanziamento, il non poterci abbracciare, stringere, toccare. Ci siamo sentiti soli, nonostante la tecnologia che ci è venuta in soccorso per ovviare alle questioni pratiche, ma non a quelle che hanno a che fare con le emozioni.

Incontrare gli altri, infatti, ci dà la possibilità di entrare in contatto con l’energia altrui e, nello stesso tempo, di prendere coscienza dei confini del nostro corpo o meglio ancora della nostra pelle, l’organo più grande che abbiamo e che vede attivare i suoi ricettori (130 per ogni centimetro quadrato) ogni volta viene sfiorato o toccato, abbracciato oppure reso oggetto di un massaggio o di un trattamento shiatsu.

Se state ammirando un quadro, vi girate appena sentite la presenza di qualcuno dietro di voi.

Se siete al supermercato, nonostante il chiasso, accade lo stesso.

Se qualcuno vi tocca una spalla per richiamare la vostra attenzione provate un sussulto che può essere un’emozione, se è qualcuno a voi caro, o paura, se la vostra pelle percepisce il tocco di un nemico o sollecita quel pensiero.

La pelle respira: fa entrare ossigeno ed espelle tossine.

Attraverso la pelle, oltre che gli organi respiratori, il corpo immagazzina il prana, cioè l’energia, della terra e dell’aria. Attraverso essa passano emozioni positive, che nutrono, e negative (non a caso la parola contatto ha una radice comune con la parola contagio), che ci prosciugano e ammalano.

Lo avete mai sperimentato? Avete mai provato a percepire il corpo di un’altra persona, il suo calore, ciò che emana, le sue vibrazioni? E avete mai provato a sentire voi stessi: se siete aperti o chiusi e come reagite a qualcuno che vi sfiora o ad un abbraccio.

Grazie alla pelle possiamo compiere un percorso di consapevolezza, perché la pelle, se lo vogliamo, può essere porta di accesso ad altro o barriera insormontabile.

Attraverso il contatto possiamo prendere consapevolezza di noi stessi, di ciò che ci portiamo dentro, di rigidità da sciogliere, di chiusure, di dolori, la cui matrice è sempre la difesa che mettiamo in atto, ma che possiamo combattere, evolvendoci, liberando il corpo dalle catene che spesso produce la mente o che ci portiamo dietro per traumi che abbiamo vissuto e dai quali non ci siamo mai veramente voluti o potuti emancipare.

 

Proprio su questi aspetti opera lo shiatsu (letteralmente pressione che viene compiuta con le dita), altra pratica che trovate allo studio Yam, che, attraverso le mani a contatto con la pelle, riporta equilibrio laddove si è perso, lascia andare le onde che abbiamo dentro di noi, le tempeste, le paure, i traumi anche più nascosti, dando più ossigeno al corpo, al cuore e alla mente.

Angela Iantosca

Angela Iantosca

Giornalista e scrittrice, già inviata de La Vita in Diretta, ha collaborato con diverse testate nazionali.
Come scrittrice ha pubblicato molti saggi inchiesta. È autrice delle prime favole antimafia per bambini. Ambasciatrice del Telefono Rosa, vincitrice di diversi riconoscimenti, da anni porta avanti nelle scuole progetti di prevenzione alle dipendenze e alle mafie. È ideatrice e direttore Artistico del Festival InDipendenze, dal 2018 collabora al WeFree, progetto di prevenzione alle dipendenze della comunità di San Patrignano. Il suo blog è ask4angela.com

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