Voce del verbo meditare. Voce di un verbo che indica calma, pazienza, silenzio, vuoto.
Meditare è allungare il tempo e allargare lo spazio. È sconfinare. Significa trovarsi in un luogo angusto e arrivare a sentire il vento che soffia in una prateria. Non è immaginazione, è sentire: non è fantasia, è presenza. È sperimentare la forza della calma interiore.
Meditare è pregare, è nutrire l’essenza, la propria essenza.
Ogni volta in cui chiudiamo gli occhi e respiriamo in profondità per rallentare, scendendo al centro del nostro centro, tenendo i piedi piantati nella terra, stiamo meditando. Ogni volta in cui ci troviamo immersi nella natura, ascoltiamo il vento, rilassiamo la muscolatura riscaldati dal sole e abbracciati dal flusso ordinato di quel mondo nel quale ci troviamo, stiamo meditando.
Come quando cominciamo la nostra pratica, come quando entriamo nella posizione dell’albero, con le mani giunte in preghiera sul nostro cuore. O come quando con le mani piantate a terra, i talloni alzati, le gambe leggermente piegate, il bacino sollevato verso l’alto e gli occhi rivolti verso l’ombelico ci mettiamo nella posizione del cane a faccia in giù. Anche in quel momento stiamo meditando, mentre continuiamo a respirare calmi, manteniamo la posizione senza forzature, senza fatica, ma tesi, presenti nell’osservare il nostro corpo, il nostro corpo in quello spazio, mentre sentiamo il respiro e attendiamo di vedere ciò che accade. Senza fretta, senza l’ansia del risultato, della prestazione, del dover gonfiare i muscoli, del dover bruciare calorie o del dover essere migliori del nostro vicino di tappetino. Quando siamo noi, di fronte a noi stessi, con ciò che siamo in grado di fare, senza sforzi stiamo meditando.
Negli anni in cui ero ancora ‘addormentata’ (non che ora sia completamente sveglia, ma almeno sono in cammino) e in cui la consapevolezza era ancora lontana dall’arrivare (o meglio ero ancora lontana dal cercarla), mi colpiva come lo yoga fosse l’unico momento in grado di staccarmi dalla routine, realizzando un paradosso apparente: l’essere staccata dalle cose del vivere quotidiano, quelle a cui attribuiamo il maggior valore, rappresentava il momento di più alta connessione con me stessa, con il Tutto. Perché lo yoga non è un esercizio staccato dalla mente, ma è un lavoro che il corpo fa con la mente, con il cuore, con ogni cellula, nella piena coscienza di sé, senza dis-trazioni.
La nostra è troppo spesso una vita a scompartimenti stagni: c’è il tempo della sveglia, della colazione, della doccia, del lavoro, delle prestazioni, dei risultati, dell’ansia. Quello dello yoga potrebbe essere definito un tempo sospeso, se si pensa alla civiltà nella quale viviamo. Ma in realtà è il Tempo. È il tempo del qui e ora. dell’Io che ci rende più Noi. Del totale.
Quando vi dedicate del tempo con lo yoga state dedicando del tempo alla meditazione. È corpo, mente, anima. È danzare con lo spirito. È unione, è eliminazione degli attriti e degli opposti che si sciolgono in ogni asana. È la realizzazione del movimento cosciente, della consapevolezza, dell’unione interna, dell’integrità.
Con le onde dell’Odaka questo flusso aumenta e abbatte confini, muri, settori e l’Occhio vede il Tutto e in quel Tutto ciò che accade è il sentire, il vedere se stessi e gli altri, l’empatia, la connessione, il rispetto degli altri, delle diversità, è consapevolezza. È l’unione divina con il Tutto.
Giornalista e scrittrice, già inviata de La Vita in Diretta, ha collaborato con diverse testate nazionali.
Come scrittrice ha pubblicato molti saggi inchiesta. È autrice delle prime favole antimafia per bambini. Ambasciatrice del Telefono Rosa, vincitrice di diversi riconoscimenti, da anni porta avanti nelle scuole progetti di prevenzione alle dipendenze e alle mafie. È ideatrice e direttore Artistico del Festival InDipendenze, dal 2018 collabora al WeFree, progetto di prevenzione alle dipendenze della comunità di San Patrignano. Il suo blog è ask4angela.com
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